03 Nov Tari e luoghi di culto
Con la risoluzione 1/DF del 15 settembre scorso il Mef ha risposto ad un interpello in merito alla tassabilità ai fini TARI dei luoghi di culto.
In particolarità il quesito proposto riguardava: “un chiarimento sull’idoneità alla produzione dei rifiuti da parte dei luoghi in questione alla luce dei principi di proporzionalità e congruità rispetto all’effettiva produzione di rifiuti nonché quantità dei rifiuti prodotti come stabilito dal criterio comunitario ”chi inquina paga””.
Il Mef ha ribadito come attualmente la normativa non preveda espressamente alcuna esenzione per i luoghi di culto ma i comuni, con proprio Regolamento, possono stabilire riduzioni tariffarie ed esenzioni nel caso di:
- a) abitazioni con unico occupante;
- b) abitazioni tenute a disposizione per uso stagionale o altro uso limitato e discontinuo;
- c) locali, diversi dalle abitazioni, ed aree scoperte adibiti ad uso stagionale o ad uso non continuativo, ma ricorrente;
- d) abitazioni occupate da soggetti che risiedano o abbiano la dimora, per più di sei mesi all’anno, all’estero;
- e) fabbricati rurali ad uso abitativo;
e-bis) attività di prevenzione nella produzione di rifiuti, commisurando le riduzioni tariffarie alla quantità di rifiuti non prodotti.
Ne consegue che è chiaro come i luoghi di culto non rientrino tra le fattispecie per le quali è prevista espressamente la facoltà per il comune di stabilire riduzioni o esenzioni.
Il comma 660 dell’art. 1 della legge n. 147 del 2013 stabilisce però che il comune può deliberare, sempre con regolamento, ulteriori riduzioni ed esenzioni rispetto a quelle previste dal citato comma 659 e che la relativa copertura può essere disposta attraverso apposite autorizzazioni di spesa e deve essere assicurata attraverso il ricorso a risorse derivanti dalla fiscalità generale del comune.
Il Mef ricorda che la Suprema Corte si è espressa asserendo che l’eventuale agevolazione, sia essa in forma di riduzione o esenzione, può essere disposta dal comune, in armonia con il principio unionale “chi inquina paga”, qualora riconosca che si tratta di aree non idonee alla produzione dei rifiuti per il particolare uso cui sono destinate, accertandosi dell’effettivo utilizzo dei locali al culto.
Resta quindi ferma la facoltà per il Comune come sopra esposto di disciplinare all’interno del proprio regolamento apposite agevolazioni ricorrendo alla copertura delle stesse mediante risorse diverse dal gettito TARI.